Salita da Goglio per la storica mulattiera. 2. Il sapore di una conquista.

di Michele Romagnoli

Ciascuno può trovare motivazioni diverse per affrontare la ripida salita: lo si può fare semplicemente per assaporare il gusto del passo lento, lungo un tracciato ricco di storia, alla conquista delle “terre alte”. Come recitano le parole di Paolo Crosa Lenz, riportate su un pannello illustrativo nei pressi dell’abitato di Goglio, ogni pietra dell’antico selciato “è stata calpestata da commercianti, soldati, alpigiani e dai primi imprenditori turistici che dalla fine dell’Ottocento trasportavano a dorso di mulo aristocratici clienti all’Albergo Cervandone o alla Locanda Alpino”. La famigerata “salita dei tubi” (come è soprannominato il tracciato che passa sopra alle condotte forzate della centrale) può essere affrontata anche con spirito agonistico, sfidando i propri limiti, come avviene per centinaia di atleti e amatori che partecipano ogni anno alla “Baceno Devero Crampiolo”, tradizionale camminata non competitiva che si svolge il 16 agosto. Ma a noi piace anche immaginare la salita al Devero come una sorta di pellegrinaggio laico, per ripercorrere il cammino fatto nell’ottobre del ’44 da tanti giovani partigiani, affamati, stanchi e impauriti, in fuga verso la salvezza dopo settimane trascorse a combattere nelle vallate ossolane. Un modo per rendere omaggio a coloro che, con coraggio o incoscienza, hanno saputo sacrificare qualcosa di sé per un ideale più alto, a beneficio di tutti.

L’itinerario di seguito descritto, che ha come premessa la tappa di visita alla frazione di Goglio, è praticabile dalla tarda primavera fino alla comparsa delle nevi invernali; infatti, per la presenza di tratti di mulattiera esposti al rischio valanghe, il percorso è da evitare in presenza di neve. L’abitato di Goglio è invece visitabile tutto l’anno. La salita da Goglio a Devero richiede un paio d’ore, con passo lento, per superare un dislivello di circa 600 m.

Nella mappa dell’itinerario sono evidenziati in rosso e giallo i numeri citati tra parentesi nel testo.

La mulattiera per l’Alpe Devero può essere imboccata in diversi punti, nei pressi dell’abitato di Goglio, descritto nella prima tappa di questo itinerario.

Lasciando l’auto di fronte alla centrale vecchia (3), a sinistra di quest’ultima, una traccia evidente si inoltra nella boscaglia per poi salire ripida e rettilinea a fianco di un muraglione in pietra, costruito per proteggere le strutture della centrale e gli edifici annessi dalle slavine.

La ripida mulattiera che parte nei pressi della centrale vecchia. Lungo il percorso, un vecchio cartello, piegato dal peso della neve, richiama l’attenzione sulla teleferica oggi non più esistente

E’ anche possibile raggiungere la mulattiera dal piazzale della stazione della funivia, dove finisce la strada asfaltata, lasciando l’auto nel parcheggio accanto al Memoriale della Resistenza (2).  In questo itinerario suggeriamo però di imboccare la mulattiera qualche centinaio di metri più a valle dell’abitato di Goglio. Infatti, salendo al villaggio lungo la strada asfaltata, prima di raggiungere il paese è possibile parcheggiare l’auto nei pressi del ponte con arcate di cemento che scavalca il torrente Devero. Poche decine di metri oltre il ponte, un cartello indicatore bianco-rosso posto ai margini del bosco indica un sentiero (4) che si inoltra nei prati e passa a sinistra di due edifici rustici: è questo il punto di partenza del nostro itinerario. Iniziare da qui la salita verso Devero permette di percorrere un tratto dell’antico tracciato di norma trascurato ma non privo di interesse. Inoltre, approcciando la salita da questo punto la pendenza del sentiero risulta più dolce ed il tracciato, che passa a monte dell’abitato, offre gradevoli scorci panoramici.

Da sinistra, in senso orario: il ponte con arcate di cemento che precede il villaggio di Goglio, nei pressi del quale è possibile parcheggiare; i due edifici rustici alla cui sinistra passa l’antica mulattiera; i cartelli indicatori posti a margine del bosco indicano un tempo di cammino di due ore

La prima parte del tracciato attraversa un bosco rado, lungo un percorso evidente delimitato da antichi muretti a secco in parte crollati. Questo tratto di sentiero, poco frequentato, è talvolta ingombro di foglie secche e ramaglie, ma in ogni caso percorribile senza difficoltà. Dopo aver superato su un ponticello (5) il Rio Freddo, proveniente dalla Val Bondolero, si incontra una fontanella dove conviene fare scorta d’acqua: non ci saranno altre occasioni utili fino al raggiungimento della quota di Devero. Il sentiero passa accanto ad alcuni edifici e raggiunge una cappelletta votiva (6) datata 1846, piuttosto malconcia, decorata con un’immagine della Madonna di Loreto raffigurata secondo tradizione con la dalmatica bianca e la tripla corona sulla testa.

Pietre ricoperte di muschio e muretti a secco in rovina delimitano la parte iniziale del sentiero, disegnando un suggestivo percorso nel bosco misto.
Cappelletta della Madonna di Loreto: nonostante i danni inflitti da intemperie e vandalismi, dall’immagine del volto della Madonna spiccano occhi azzurri e luminosi.
Secondo la tradizione, la tripla corona posta sul capo simboleggia le massime virtù incarnate dalla Vergine: sapienza, potenza e bontà

Il sentiero prosegue evidente, sovrastando i pendii e le case del piccolo villaggio, superando agevolmente un corso d’acqua (7) per poi intercettare sulla destra la ripida mulattiera proveniente dalla centrale vecchia. Il tracciato diventa ampio, con un bel selciato che prosegue in decisa salita all’ombra di un bosco rado. Via via che si sale la vegetazione si dirada progressivamente, permettendo allo sguardo di spaziare verso monte e verso valle. In alto, proprio di fronte a chi sale, incombe la bastionata rocciosa che chiude apparentemente la valle: si tratta del cosiddetto “gradino morfologico del Monte Cazzola”, costituito da calcescisti, rocce carbonatiche scistose (cioè facilmente sfaldabili) di origine metamorfica, di colore grigio scuro e superfici arrotondate per effetto degli agenti atmosferici. Le pareti rocciose che incombono sulla vallata sono come un libro aperto sulla geologia e sulle origini di quest’angolo di Alpi Lepontine: raccontano di primitivi fondali marini, di imponenti metamorfosi, di erosioni e dilavamenti, di glaciazioni e di frane antiche, che hanno modellato il paesaggio nel corso migliaia e migliaia di anni.

Calcescisti grigio scuro caratterizzano il gradino glaciale che sovrasta Goglio; in basso a destra, la colorazione chiara della superficie evidenzia un recente distacco di materiale roccioso
Striature di roccia chiara e spigolosa si alternano al grigio scuro dei calcescisti dalle forme arrotondate, evidenziando la successione di diversi strati geologici

Raggiunta la quota di 1400 metri, poco prima dell’inizio dei tornanti che consentono di superare la bastionata rocciosa, sulla sinistra della mulattiera si stacca la “Veja di squetar” (via degli scoiattoli), segnalata da un piccolo cartello e da segni bianchi e rossi dipinti sui sassi (8): si tratta del lungo sentiero che attraverso boschi misti di faggio, abeti, castagni, betulle, collega l’Alpe Devero con il paese di Cravegna, posto 800 metri più in basso. La Veja è un’antica via della transumanza, percorsa da pastori valligiani che conducevano le loro mandrie dalle terre alte al fondovalle e viceversa.

L’imbocco della “Veja di squetar”. Nel tratto sopra a Goglio il sentiero è in parte deteriorato, mentre diventa più agevole via via che si prosegue verso valle, superato il vallone di Bondolero
Massi trasportati e depositati sul sentiero dalle slavine: la loro differente colorazione e venatura rivela una diversa provenienza geologica. A sinistra: roccia scistosa con evidenti colorazioni rosse dovute alla presenza di minerali ferrosi. A destra: masso grigio chiaro verosimilmente assimilabile ai paragneiss della Falda del Lebendun, strato geologico che affiora un centinaio di metri sopra alla mulattiera; la presenza di evidenti venature rivela l’orientamento dei minerali lungo piani paralleli.

Il tracciato si svolge ora disegnando numerosi tornanti, e la pendenza costante non dà tregua alle gambe. Dopo aver oltrepassato un ponticello sulle condotte forzate dirette alla centrale di Goglio, si raggiungono la cappelletta votiva e gli edifici diroccati della Forcola (9). Da questo punto lo sguardo può finalmente spaziare oltre la bastionata di rocce, in direzione del vallone di Cologno e dell’omonimo parcheggio, raggiungibile con un agevole sentiero. Presso la Forcola è possibile osservare gli affioramenti rocciosi di colore chiaro appartenenti alla falda geologica del Lebendun, nettamente distinti per tonalità e conformazione dai calcescisti scuri e arrotondati già osservati in precedenza.

Località Forcola: l’evidente sovrapposizione di due falde geologiche costituite da calcescisti scuri (in basso) e da paragneiss più chiari (in alto); sulla destra, in lontananza, le baite dell’Alpe Cologno

Mancano ancora pochi tornanti prima di raggiungere la quota dell’Alpe Devero. Il tracciato offre notevoli scorci panoramici verso valle, dove è possibile scorgere in lontananza i paesi di Goglio e di Baceno, sovrastati dalle vette del Cistella e del Pizzo Diei. Si superano una cappelletta votiva ed un paio di edifici, prima di arrivare finalmente all’ultimo tratto pianeggiante del tracciato (10).

A sinistra: gli ultimi metri di salita regalano panorami emozionanti.
A destra: vecchio cartello segnavia giallo-rosso, che riporta i riferimenti alla “Veja di squetar”
Gli ultimi raggi del sole autunnale illuminano la vallata.

La conquista dell’Alpe Devero è ormai quasi completata: l’ultimo chilometro di percorso si svolge in piano, lungo un tracciato parzialmente ombreggiato dai larici. Le meraviglie dell’Alpe si svelano a poco a poco, e le cime che circondano l’area protetta appaiono una ad una, a cominciare dal Pizzo Crampiolo e dalla Rossa.

A sinistra: un tratto ombreggiato del percorso, a poche centinaia di metri dalla meta.
A destra: edificio tradizionale sullo sfondo della Rossa e del Pizzo Crampiolo

In prossimità dell’Alpe Devero la mulattiera si immette sulla strada asfaltata proveniente da Goglio, in corrispondenza del parcheggio (11). Dopo tanta salita, percorsa con fatica e soddisfazione, la visione della strada e delle auto ci riporta bruscamente alla “civiltà”; ma è questione di pochi minuti, perché poco più avanti il nastro d’asfalto si interromperà definitivamente, lasciando il posto alle mulattiere e ai sentieri dell’area protetta.

In corrispondenza del parcheggo, alzando lo sguardo è possibile scorgere la vecchia stazione di arrivo della funivia, oggi trasformata in “Museo dell’alpeggio” (12)

L’Alpe Devero è a pochi passi da noi, con il suo vasto altopiano circondato da larici e coronato da ambite vette rocciose. Una popolazione varia e più o meno numerosa ha appena abbandonato le auto al parcheggio ed ora ci affianca mentre percorriamo gli ultimi metri che ci separano dalla piana. Ma per noi che siamo saliti a piedi da Goglio, lungo l’antica mulattiera, l’arrivo a Devero ha il sapore di una conquista, e aggiunge meraviglia alla meraviglia. L’Alpe Devero diventa così allo stesso tempo punto di arrivo e punto di partenza: luogo di incontro di esperienze passate e di possibilità future; memoria di generazioni di donne e uomini che hanno vissuto tra queste montagne, rispettandole e mantenendole integre; paradiso prezioso da valorizzare e custodire con amorevole cura.

A sinistra, edificio costruito in stile Walser e chiesetta tipica, all’imbocco dell’Alpe Devero.
A destra, vecchio cartello turistico esposto nei pressi della vecchia stazione di arrivo della funivia (12), testimonianza di una concezione non sufficiente di protezione ambientale: che ne sarebbe della flora alpina, se ogni turista raccogliesse 6 esemplari di ciascuna specie?
La piana di Devero coi colori autunnali; sullo sfondo, la Rossa con l’omonimo passo.
Dalla piana dell’Alpe Devero il taglio a V segna il punto di accesso percorso sulla mulattiera. Sullo sfondo, alle spalle di chi sale, il gruppo del Cistella e del Diei

Michele Romagnoli, novembre 2020

Questo articolo ha un commento

  1. Lucietta Godi

    Un articolo guida prezioso.

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