di Pietro Lacasella, “il Dolomiti”, 8 agosto 2022
”L’alpinismo non è più irrazionale di accettare politiche deleterie per l’ambiente”, la storia di Montagnani dall’incidente alla divulgazione sul cambiamento climatico
E’ un alpinista esperto e consapevole ma Giovanni Montagnani ha avuto un grave incidente in parete il 3 luglio, giorno tristemente noto per la tragedia Marmolada: se in un primo momento la narrazione si stava indirizzando verso una quanto mai necessaria riflessione sui cambiamenti climatici, la traiettoria ha improvvisamente preso la direzione della solita caccia alle streghe
BELLUNO. Ho un amico che vive tra l’azzurro di cieli alpini e il blu del lago Maggiore. Ci siamo incontrati solo due volte, ma è stato sufficiente per scorgere in lui una sensibilità comune; un modo affine di interpretare la vita. Simile, ma non uguale. Questo amico, come me, è appassionato di montagna.
Questo amico, come me, si sgola in infiniti proclami per una gestione più accurata delle risorse ambientali. Questo amico, come me, non ha bisogno di compiere grandi viaggi per sentirsi appagato: preferisce entusiasmarsi imparando a cogliere la bellezza nei territori che lo circondano.
Come scrivevo, però, non siamo uguali. Lui abita all’ombra delle Alpi centro occidentali, mentre io delle Alpi centro orientali. A differenza del sottoscritto, che non sempre riesce a essere coerente quanto vorrebbe, le sue parole e il suo sentire trovano conferma in scelte concrete, comportamento raro in una società che spesso induce al compromesso.
Se le sue azioni sono motivate da un entusiasmo contagioso, io, di frequente, mi accorgo che il mio “fare” serve per colmare vuoti aperti da una malinconia impalpabile, ma pervasiva. Pur avendo appena quattro anni in più di me, è già sposato e ha due bambine splendide.
Io amo scalare in falesia, alla ricerca di anguste pareti prealpine, lui macina metri e metri su elegantissimi muri di granito; sicuramente più nobili e solenni rispetto alle forre infestate di rovi, edera e zecche dove sono solito infilarmi.
Il mio amico si chiama Giovanni Ludovico Montagnani e, proprio su un’incantevole parete, lo scorso 3 luglio è precipitato per circa quaranta metri. Una protezione rapida ha miracolosamente trattenuto lo strappo salvando non solo la sua vita, ma anche quella del compagno di cordata. Le gambe di Giovanni, però, in seguito alla caduta hanno smesso di funzionare.
Un paio di settimane prima dell’incidente, durante una chiacchierata al telefono, ci siamo scambiati qualche parere sui rischi inclusi nell’attività alpinistica. Con la sua ironia caustica e tagliente, Giovanni mi ha fatto notare che arrampicarsi su precipizi infiniti non è poi tanto più irrazionale di accettare acriticamente politiche deleterie per l’ambiente e quindi pericolose per il futuro delle generazioni più giovani.
È un’accettazione del rischio volontaria: se ci sono persone che, per scelta, rimangono indifferenti di fronte alle trasformazioni climatiche, noi, sempre per scelta, abbiamo il diritto di stare in bilico su vertiginose pareti aggettanti. Poi mi ha salutato frettolosamente, perché sua moglie – mi ha detto divertito – ascoltando questi ragionamenti volutamente provocatori, aveva iniziato a guardarlo con disapprovazione.
Com’è ovvio Giovanni scherzava. È infatti un alpinista esperto e consapevole, perfettamente conscio che l’alpinismo non è una spregiudicata ricerca del rischio, ma rappresenta il desiderio di raggiungere una prospettiva diversa, capace di farci osservare il mondo con occhio meno coinvolto e, di conseguenza, più lucido e nitido. Ma la sua provocazione si è presto rivelata una premonizione.
Sempre il 3 luglio, come a tutti è tristemente noto, sulla Marmolada si è staccato un seracco di proporzioni inimmaginabili, richiamando sulla “Regina delle Dolomiti” un’attenzione mediatica senza precedenti. Se in un primo momento la narrazione si stava indirizzando verso una quanto mai necessaria riflessione sui cambiamenti climatici (che in montagna, più che in altri contesti, si stanno manifestando con particolare evidenza) la traiettoria ha improvvisamente preso la direzione della solita caccia alle streghe. Streghe che, in questo caso, sono state individuate nella figura di chi arrampica.
Lungi da me tessere una lode all’alpinismo (una categoria che, al suo interno, raccoglie realtà virtuose, ma anche personalità molto negative nella loro irritante presunzione), ho letto opinioni eccessivamente severe su chi pratica questa attività. Giudizi a volte scagliati da testate giornalistiche, da opinionisti o, comunque, da persone che si dedicano sporadicamente alle tematiche ambientali, rallentando così quel processo culturale che dovrebbe spingerci ad adottare comportamenti e misure più coerenti con le esigenze del nostro tempo. Quasi per magia si è quindi materializzato il paradosso predetto da Giovanni: capita spesso, infatti, che i primi ad accusare gli altri di agire con irresponsabilità siano proprio coloro che tacciono indifferenti di fronte agli allarmanti segnali legati dai cambiamenti climatici.
Ora Giovanni è bloccato in un letto d’ospedale. In questa fase transitoria ha deciso di aprire un blog per provare a delineare – con il solito entusiasmo – dei parallelismi tra i nuovi e incogniti scenari che sta attraversando, e le attente valutazioni che richiede una problematica articolata e globale come la crisi climatica. Il tutto è articolato attraverso una scrittura genuina e diretta, in grado di trasformare l’esperienza personale in valore collettivo. Questo anche grazie a una serie di suoi disegni che, accompagnandola, completano la narrazione (Qui info e blog).