La salita al Cazzola può avere un che di magico. La magia la si coglie nel silenzio e nella lentezza. In ogni stagione, in qualunque condizione, il cammino offre sorprese da assaporare passo a passo. Che sia la fioritura di luglio, l’irruzione dei bianchissimi affioramenti rocciosi, il pascolo quieto sotto una pioggia settembrina, il cammino offre a chi ascolta esperienze sorprese e segrete. Si può salire sentendo lo scorrere lieve dell’acqua del disgelo, il fischio del vento invernale sulle pendici innevate, lo schiamazzo improvviso di una pernice. E farsi stupire dal paesaggio che si apre in scenari progressivi, rivelando passo passo le cime del Cornera e poi aprendosi in sterminati spazi che si aprono verso il “grande Est”.
Si sale partendo da Pedemonte, piccolo agglomerato di antiche baite a nord della Piana, per il sentiero che sale sul fianco del bosco in direzione Misanco. Si sale all’ombra nel bosco umido, nella polifonia dei diversi corsi d’acqua: il torrente che scorre a valle, la cascata che salta il gradone di rocce di Buscagna, il ruscello che lambisce una piccola radura. L’odore di resina e rododendro si alterna a quello del passaggio estivo degli animali da pascolo, su un sentiero sul suolo fragile solcato dall’erosione che mette a nudo grandiose radici di larici. Un’apertura tra gli alberi rivela l’arrivo all’alpe Misanco, dopo una valletta di candida neve in inverno, a luglio gialla di ranuncoli e poi, presso le baite, occupata da lavazze e ortiche. Misanco, a 1900 metri, è un alpeggio oggi chiuso, dove lo sguardo si apre sul massiccio di serpentino rosso del Monte Crampiolo e a destra spazia sulle cime più lontane dei monti che fanno confine con la val Formazza.
Dopo le baite si procede a sinistra lungo l’evidente valletta tra le mutevoli gradazioni di colori di rododendri, mirtilli e erba di nardo cervino, sotto i larici che si fanno via via più radi. Si sale accompagnati dai tanti diversi canti e richiami di uccelli. Le pendici del Cazzola sono abitate da colonie di pernici e fagiani di monte, uccelli rari e protetti che tra i cespugli nidificano e dove hanno aree vocate ai rituali di accoppiamento: canti e danze da parte degli individui maschi per conquistare a tarda primavera il favore delle femmine che poi covano le loro nidiate. I piccoli stanno con la madre fino in autunno, vivendo tra i cespugli, mentre in inverno le famiglie scavano trune tra la neve. L’Ente Aree Protette perciò raccomanda cautela nell’attraversamento: evitare schiamazzi e seguire indicazioni e eventuali limitazioni che il Parco potrebbe attuare anche per lo sci escursionismo e fuori pista, perché non sia di disturbo a queste specie protette.
Salendo pian piano emerge verso Nord la dorsale del Cervandone e del Cornera con scorci che appaiono sempre più ampi prendendo quota, mentre al diradarsi dei larici si apre il panorama, oltre la conca dell’Alpe Devero, di Codelago, dell’altopiano di pascoli dall’Alpe Forno all’Alpe Fontane, della Cima d’Arbola e dei monti più lontani a est. La vegetazione arbustiva sempre più bassa e le lingue di neve che si sciolgono tardive lasciano spazio a ampi spazi prativi a pascolo dove sono visibili i piloni terminali di uno skilift.
Da qui compare la cupola finale, fiorita nella tarda primavera e battuta dai venti che ghiacciano il manto nevoso durante l’inverno. Lento e solenne emerge in Monte Cistella.
Poco sotto la cima, a nord del sentiero, emergono come una cresta alcune bianche formazioni rocciose, forse quarziti che affiorano qua e là tra Cazzola e scatta d’Orogna.
Sono visibili anche cavità carsiche: la natura calcarea del Cazzola è testimoniata da una grotta, chiamata “Voragine del cervo volante”, con una profondità di circa 150 metri e più di 500 metri di lunghezza.
La cima infine apre la vista verso l’Alpe Veglia, sul Monte Moro, sul Monte Leone, sul Monte di Valtendra.
Dalla cima si può scendere tornando sui propri passi. Oppure scavalcare il Cazzola (a sud della cima un palo segna un sentiero di discesa) e scendere verso le alte praterie di Buscagna. Oppure ancora proseguire lungo il crinale che in un susseguirsi di dossi porta alla cima d’Orogna e alla Scatta d’Orogna, e da lì tornare a Devero sul sentiero di Buscagna.
Il Monte Cazzola è oggetto di un progetto di pesante infrastrutturazione. I due piccoli skilift e la seggiovia a valle verrebbero sostituiti da una seggiovia con una capienza di 2400 persone all’ora. Il suo percorso sarebbe prolungato sulla cima in un’area non adatta allo sci ma che porterebbe estate e inverno folle, rumori, musica, rifiuti. Il progetto iniziale prevede addirittura strutture fisse come punti panoramici per indirizzare il turista a quello che vale la pena di ammirare. Una prima idea prevedeva anche un pilone di 40 metri, una stazione per una funivia da 60 posti che dal Cazzola scendeva all’Alpe Bondolero per collegarsi con una nuova seggiovia a quelle esistenti del Dosso e di Ciamporino. Un progetto che per essere approvato dovrebbe passare la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e le norme legislative che non lo consentono, ma che rappresenta una minaccia di alterazione definitiva di questo ambiente.
E allora quel qualcosa di magico ha per me qualcosa di sacro. Se sacro significa l’apparizione di un’alterità che ci trascende e che ci manifesta realtà che non possiamo sottomettere, ma a cui accostarci con riverenza, rispetto e contemplazione.
20 settembre 2020, Renata Farina