di Michele Romagnoli. Novembre 2020
L’itinerario descritto in due tappe, con una visita a Goglio e poi la salita fino all’Alpe Devero, è praticabile dalla tarda primavera fino alla comparsa delle nevi invernali; infatti, per la presenza di tratti di mulattiera esposti al rischio valanghe, il percorso è da evitare in presenza di neve. L’abitato di Goglio è invece visitabile tutto l’anno.
In questa prima sezione dell’itinerario ci soffermiamo sull’abitato di Goglio e sulle sue testimonianze storiche che meritano una visita.
Nella mappa dell’itinerario sono evidenziati in rosso e giallo i numeri citati tra parentesi nel testo.
“Goglio è una piccola frazione del comune di Baceno posta all’inizio della seconda mulattiera che sale a Devero, suggestiva Alpe di naturale bellezza: una manciata di case, un albergo, un ristoro e una chiesetta… la chiesetta rossa, ma perché rossa?”.
Con queste rapide pennellate Tonino Galmarini descrive il villaggio di Goglio, nell’introduzione al volumetto “La chiesetta rossa di Goglio” di Angelo del Devero (Grossi ed., 2004). Goglio è infatti il punto di partenza dell’itinerario di salita all’Alpe Devero per l’antica e ripida mulattiera che traversando lungo il versante occidentale della valle, con stretti tornanti supera la bastionata rocciosa che sembra precludere l’accesso alla piana del Devero, raggiungendo infine l’Alpe dopo un tratto pianeggiante e panoramico.
Goglio è luogo di transito veloce e distratto per migliaia di turisti diretti ai parcheggi che precedono l’Alpe Devero, 500 metri più in alto. Eppure, questo angolo quasi timido e riservato della montagna d’Antigorio merita una sosta, un’esplorazione, una camminata: perché, così come avviene per gran parte della vallata percorsa per giungere fino a qui, anche a Goglio sono custodite piccole ricchezze da scoprire, testimonianze storiche, peculiarità architettoniche.
Tra le case del villaggio è facile individuare la piccola chiesetta (1), che sull’architrave della porta di ingresso riporta la data 1613. La “chiesetta rossa”: nel 1964 l’interno dell’oratorio, gravemente deteriorato, fu interamente decorato in modo inconsueto e originale dal pittore Angelo Bersani, detto “Angelo del Devero” (1928-2020), la cui opera è sempre stata ispirata ai temi sociali, al lavoro e alla lotta partigiana. Le pareti della chiesa furono dipinte con “un’esplosione di colori violenti… rosso sangue… rosso fuoco”, e alle spalle dell’altare fu realizzato un grande affresco, con la rappresentazione di un Cristo “con le spalle possenti, le braccia muscolose, il petto vigoroso del lavoratore”, come ha raccontato l’artista stesso in un’intervista pubblicata sul settimanale Eco Risveglio il 21 luglio 2005. Un Cristo “uomo accanto agli uomini… nel quotidiano lottare contro la violenza, contro la prepotenza della guerra”. Purtroppo un intervento di “ripristino” svolto maldestramente nel 2017 ha snaturato e compromesso definitivamente l’originalità degli interni dell’oratorio, ricoprendo parte dell’affresco e sostituendo i decori astratti delle pareti con una tonalità uniforme ritenuta da qualcuno più “consona” al luogo di preghiera.
A pochi passi dalla chiesetta si trova l’edificio della vecchia stazione di partenza della funivia Goglio-Devero, oggi trasformata in memoriale della Resistenza (2). La funivia, di proprietà dell’Enel, svolse servizio pubblico fino al 1985, per poi essere dismessa definitivamente qualche anno dopo. Consentiva di raggiungere la piana del Devero in circa un quarto d’ora, trasportando un massimo di 18 passeggeri, quando la strada carrozzabile per l’Alpe non era ancora stata realizzata.
Nel 1944, in quelle che furono le ultime giornate dell’esaltante esperienza della Repubblica dell’Ossola, Goglio e la sua funivia fecero da scenario alla fuga affannosa e disperata di decine e decine di partigiani in cerca di salvezza nella vicina Svizzera, raggiungibile attraverso il Passo della Rossa. E il 17 ottobre, la cabina sovraccarica della funivia, bloccata per un guasto, si trasformò in trappola mortale per quattro partigiani in fuga falciati dalle raffiche delle mitragliatrici naziste a pochi metri dalla salvezza: perirono Giorgio Fossa (17 anni), Gaudenzio Pratini (20 anni), Giuseppe Conti (21 anni) e Giuseppe Faccioli (32 anni).
La stazione della funivia, recentemente trasformata in piccolo museo e memoriale della Resistenza, offre la possibilità ai visitatori di rievocare le vicende della lotta partigiana che hanno coinvolto le vallate ossolane. L’esterno dell’edificio, decorato dal pittore Angelo Bersani (“Angelo del Devero”), riporta una celebre frase di Piero Calamandrei, pronunciata a Milano di fronte a un’assemblea di studenti il 26 gennaio 1955.
Ai margini del villaggio di Goglio, nei pressi del torrente Devero e del ponte stradale che lo attraversa, si trova la centrale idroelettrica che ricava la sua energia dalle acque provenienti dall’Alpe e dal bacino artificiale di Agaro. Poco distante dalla centrale attualmente in funzione vi è l’edificio dismesso della vecchia centrale di Goglio, con la caratteristica torre dell’orologio (3): un significativo esempio di archeologia industriale oggi purtroppo in stato di profondo degrado. Alle spalle della centrale furono edificate alcune palazzine di servizio, per l’alloggio del personale addetto agli impianti: un insieme di edifici caratterizzati da facciate abbellite con intonaci graffiti e colorati, coerentemente con i decori realizzati sulla vecchia centrale. Le palazzine, oggi abbandonate e cadenti, sono occultate alla vista dei turisti dalla folta vegetazione che con il passare degli anni ha preso il sopravvento su quei terreni fino a qualche decennio fa mantenuti con cura dai valligiani per il pascolo e la raccolta del foraggio.
La centrale vecchia di Goglio fu realizzata dalla “Società anonima per Imprese Elettriche Conti”, fondata dall’imprenditore milanese Ettore Conti (1871 – 1972), considerato un pioniere dell’industria idroelettrica. La centrale entrò in funzione nel 1910, un anno dopo l’avvio del primo impianto idroelettrico ossolano, realizzato a Foppiano in Val Formazza. Era solo l’inizio di quella che fu una vera e propria colonizzazione idroelettrica delle valli Antigorio e Formazza…
Infatti, nei decenni successivi al 1910 furono realizzate numerose opere che ebbero un grande impatto non solo sul paesaggio, ma anche sui destini economici e sociali dell’intero territorio: la diga di Codelago (1912), la grandiosa centrale di Verampio (1914) disegnata dall’architetto Piero Portaluppi e la centrale di Crego (1917), poco distante; lo sbarramento del Vannino con la centrale di Valdo (1922), la centrale di Sottofrua (1924) alimentata dai bacini artificiali Castel e Toggia, le centrali di Crevola (1925), Cadarese (1928) e Goglio (centrale “nuova” del 1938); ancora, la diga di Agaro (1938) le cui acque sommersero l’omonimo villaggio Walser, e la centrale di Ponte Formazza (1940) che sfrutta le acque del bacino di Morasco (realizzato anche in questo caso a spese di un preesistente villaggio Walser); infine, la centrale di di Morasco (1957), realizzata interamente in galleria per sfruttare le acque dell’invaso dei Sabbioni. Questo insieme di opere, realizzate nell’arco di soli 50 anni, costituisce oggi un patrimonio paesaggistico, storico, architettonico e industriale meritevole di attenzione e approfondimento.
Tra le case sparse de piccolo villaggio di Goglio, si conservano anche alcuni esempi di architettura tradizionale ossolana: edifici rustici realizzati in pietra e legno, con evidenti contaminazioni tra le tecniche costruttive locali e quelle delle popolazioni Walser che abitavano alcune zone limitrofe.
Prima di intraprendere l’impegnativa mulattiera per l’Alpe Devero, due passi tra le case di Goglio permettono anche di scoprire dettagli curiosi, che rivelano frammenti di storia locale.
Terminata la visita al villaggio di Goglio, è arrivato il momento di incamminarci lungo la storica via che da Goglio conduce all’Alpe Devero.