di Marco Coscia
Appoggiando la mano sul lato corto di un tappeto e spingendolo verso l’estremità opposta, otteniamo una serie di pieghe che scorrendo una sull’altra, si accumulano ed impilano, incrementando lo spessore totale del tessuto coinvolto.
Ecco, adesso immaginiamo che ciascuna di queste pieghe rappresenti un’unità tettonica, un insieme di rocce “malleabili” a causa dell’alta temperatura, con uno spessore di alcune centinaia di metri e che l’intero processo duri qualche decina di milioni di anni e a grandi linee avremo un’idea della genesi della struttura delle Alpi, detta a falde di ricoprimento, che è ben rappresentata nella zona dell’Alpe Devero e dintorni.
Il risultato dello scontro tra le antiche zolle europea ed africana ha comportato che sia rocce della crosta continentale che di quella oceanica compresa tra i due margini, talune profonde chilometri al di sotto della superficie terrestre, siano state piegate, strizzate e accatastate in geometrie più o meno complesse e infine erose e che adesso, nella zona di Devero, si possano ammirare fino ad oltre 3000 m di altezza sul livello del mare.
La litologia di Devero è prevalentemente caratterizzata da rocce metamorfiche, ossia rocce che a causa delle alte temperature e pressioni sono state modificate durante il lunghissimo processo orogenetico.
Le rocce principali di Devero sono gli gneiss, i calcescisti e i micascisti, i primi originatisi da graniti e arenarie, i secondi e i terzi da calcari, marne e da argilliti.
Sono presenti anche marmi, che venivano un tempo cotti in apposite fornaci per generare la calce (antiche costruzioni ancora visibili; una ad esempio, non distante dalla zona Vallaro, lungo il sentiero invernale Devero-Crampiolo), nonché meta-areniti e meta-peliti, cioè antiche sabbie e argille marine che hanno altresì subito una modificazione seppur meno radicale.
Le pieghe del “tappeto” sopra citato sono le differenti unità tettoniche che si sovrappongono, i cui contatti possono essere talvolta chiaramente identificati a occhio nudo, grazie al contributo di decine di migliaia di anni di erosione fluvio-glaciale.
Un esempio è lo stacco netto di tonalità che si trova appena al di sopra dei Piani della Rossa e che si può osservare direttamente dalla piana di Devero.
La roccia sottostante il contatto è rappresentata da uno gneiss grigio chiaro (chiamata unità del Monte Leone e che in questa zona include il Monte Cervandone) mentre al di sopra si trova l’imponente scheggia di crosta oceanica (unità di Geisspfad, in prevalenza serpentinite) di cui fanno parte la Punta della Rossa e la parte superiore del Pizzo Crampiolo.
Volendosi sgranchire le gambe, si può salire più in alto e raggiungere la prossimità del Colle Marani (circa 3000 m. di quota) dove si può letteralmente camminare lungo il contatto superiore tra l’antico lembo di oceano e nuovamente lo gneiss dell’unità del Monte Leone. Qua si possono osservare i livelli verdi e rossi (post-ossidazione) della unità della Rossa che affiorano verticalmente.
Una passeggiata sulle alture orientali rispetto alla piana (zona Monte Cobernas-Corona Troggi), ove tra l’altro si gode di una vista mozzafiato, è consigliata per mettere in pratica un’osservazione ad ampio raggio. Da qua si può ammirare il contatto serpentinite-gneiss del Pizzo Crampiolo.
Guardando verso sud-ovest si individua il profilo inconfondibile del Corno del Cistella -Monte Cistella – Pizzo Diei, le cui alture rappresentano la falda di ricoprimento denominata Lebendum, che è strutturalmente sovrastante allo gneiss della falda Antigorio.
Dal medesimo punto di osservazione un altro contatto tra diverse unità è distinguibile: i più scuri calcescisti sottostanti la Val Buscagna e i sovrastanti gneiss dell’unità del Monte Leone.
Si può inoltre notare come la parte sommitale del monte Cervandone abbia un netto cambio di colore (più scuro, rossiccio) rispetto alla porzione inferiore. Questa unità superiore, detto Lembo di Berisal, composta di gneiss e micascisti, è formata dalle rocce metamorfiche che sono state spinte al di sopra di tutte le altre.
Spostandoci dalla parte sommitale a quella più profonda dell’edificio tettonico della zona di Devero ecco che non può mancare un accenno alla vera chicca dell’intera area: la Cupola di Verampio, definito anche “Elemento Zero” dai geologi.
Si tratta di un metagranito di età paleozoica (600-250 milioni di anni fa) che affiora in prossimità di Baceno e che nella sua interezza ha una forma arcuata. Lo si può osservare in diverse modalità. Lungo la strada che arriva da Crodo, sulla parte destra si vede nettamente il contatto tra il metagranito chiarissimo e i sovrastanti scisti scuri. Ci si può addirittura piazzare sopra, lungo il fiume Toce in prossimità di marmitte e altre caratteristiche strutture da erosione fluviale.
Oppure lo si può osservare attraverso una visita agli Orridi di Uriezzo.
Ma perché la Cupola di Verampio è unica? Lo è in quanto rappresenta l’unità tettonica più profonda dell’intero arco alpino, ossia tutte le altre “pieghe del tappeto” cui si accennava in precedenza si trovano al di sopra di essa e, altra peculiarità, affiora solo in questo punto dell’alta Val d’Ossola, grazie all’intensa attività erosiva che ha creato quella che si definisce “finestra tettonica”, ossia un buco che permette di osservare rocce che altrimenti sarebbero precluse da qualsiasi sguardo.
Per riassumere, partendo da Baceno fino ad arrivare alla vetta del Monte Cervandone si attraversano e osservano una serie di unità tettoniche intervallate da spessi metasedimenti (Cupola di Verampio, Scisti di Baceno, Falda Antigorio, Calcescisti di Teggiolo, Falda Lebendum, Calcescisti di Faldbach, Unità del Monte Leone, Lembo di Berisal), comprese in circa 2.7 km si spessore verticale.
Bene, questo si può considerare un assaggio della geologia di Devero e dintorni. Per chiunque volesse entrare più nel dettaglio, molte pubblicazioni sono state scritte al riguardo e molte di esse sono disponibili su internet semplicemente utilizzando i classici motori di ricerca.
Si consiglia la lettura del documento pdf intitolato “Rocce e nature senza frontiere”, ove la geologia e mineralogia di Devero sono descritte in modo appassionante ed esaustivo
http://www.geoexplora.net/uploads/9/3/4/6/9346359/geologico.pdf
PS: La zona dell’ Alpe Devero è interessante anche dal punto di vista mineraologico dato che è ricca di una varietà di minerali, alcuni dei quali decisamente peculiari della zona (vedi la cervandonite).
Testo di Marco Coscia, Geologo; Fotografie di R. Farina
9 settembre 2020
Bello, chiaro, grazie
Grazie, interessantissimo, dopo la stupefacente gita di giovedì scorso al Colle della Rossa era proprio quel che cercavo!