Di Alberto Paleari e Livia Olivelli
Qui un itinerario descritto a due voci di un lungo percorso che unisce storia, architetture, gusto della camminata, alta montagna. A questo articolo la prima tappa.
Da Crampiolo a Rivasco per i laghi del Busin.
Alberto Paleari
Alla sera cominciò a piovere, nella nostra cameretta sotto il tetto sentivamo l’acqua scrosciare sulle piode e il vento sbattere un’imposta della casa accanto.
Continuò tutta la notte. Se non fosse stato perché avevo chiesto alla signora dell’agriturismo di farmi la colazione alle sei e mezza sarei rimasto a letto. Ma era stata così gentile ad alzarsi apposta per me che mi alzai anch’io. Livia aveva già deciso alla sera di chiedere un passaggio in macchina fino a Baceno dove mi avrebbe aspettato.
Quando partii, alle sette, il tempo stava migliorando, già appariva qualche macchia di cielo azzurro e, alzandosi le nebbie, si svelavano montagne imbiancate di neve. Primo settembre, guardando verso il Cistella calcolai che era nevicato almeno fino a 2300 metri. La signora mi aveva detto che il marito era salito per far scendere le bestie dai Forni.
Presi la carrozzabile subito dietro il villaggio, e in dieci minuti fui alla dighetta del Lago di Devero (m 1850) dove seguii il cartello per Alpe della Valle, Bocchetta della Valle.
Questa carrozzabile è una bella stradina, per nulla invadente, e costeggia tra i larici, rimanendo in alto a mezza costa, tutta la sponda orientale del lago. Intanto un gelido vento proveniente da nord stava spazzando le nuvole, camminavo veloce, senza sudare pur indossando tutti i vestiti che avevo portato.
A circa metà lago, davanti allo sbocco della val Deserta che si intravedeva tra i larici sull’altra sponda presi la mulattiera di destra (cartello Bocchetta della Valle).
Qui si procede per vallette abbastanza ripide, nel bosco sempre più rado, composto di larici sempre più piccoli, lasciando dietro il blu del lago e tutta la magnifica testata della Val Deserta. Davanti e un po’ a sinistra invece, via via che si sale, il panorama s’allarga e la punta d’Arbola completamente innevata diventa sempre più imponente.
All’Alpe della Valle (m 2033) due casere tra grossi massi franati dal sovrastante costone, ormai è tutto pascolo che s’allarga e pianeggia per poi salire dolcemente fra verdissimi mammelloni erbosi, ma oggi la vera meraviglia sono le cime bianche dei Pizzi del Busin e della Punta di Tanzonia, che chiudono il quadro.
A Naga (m 2210) alpeggio di una sola baita, comincia la neve.
Attraverso il grande piano innevato e poi salgo piegando a destra verso l’ampio colle che porta a Pojala. Prima di raggiungerlo, un vecchio cartello di legno (per leggerlo devo raschiare le incrostazioni della tormenta) indica la strada per la Bocchetta della Valle (m 2574, ore 3 da Crampiolo) che si trova alla fine di una lunga mezza costa verso sinistra, sotto le torri rocciose dei Pizzi del Busin.
Il panorama è grandioso: sotto di me due specchi d’acqua grigi (Lago Busin Superiore) orlati da una collana verdissima che sfuma nel bianco della neve appena caduta sui prati adiacenti, davanti la Punta di Clogstafel (m 2967) e il Monte Giove (m 3009) spolverati dalla nevicata notturna e vicini come non li ho mai visti.
Scendo ai due laghetti.
Appena dopo il secondo laghetto (Lago Superiore) dove c’è un paletto metallico, abbandono il sentiero che porta al Lago Vannino per restare su tracce a destra. Mi dirigo verso il bordo della bastionata rocciosa che guarda sulle Alpi di Vova, senza però raggiungerlo. Poco dopo una pozza il cui ruscelletto emissario è incerto se buttarsi verso Vova o verso il Lago di Busin Inferiore, mi affaccio sulla diga del Busin.
Un ripidissimo sentiero mi porta alla diga (m 2409, ore 1 dalla Bocchetta della Valle) dove, vicino alla casa dei guardiani, sull’altra sponda del lago, ho visto due persone. Per scendere a Vova non servirebbe attraversare lo sbarramento, ma vado volentieri fino alla casa pensando di far due chiacchiere. I due non sono i guardiani ma turisti svizzeri, un uomo e una donna, non più giovani, provenienti dal Vannino, che vogliono andare a Devero per la strada che ho appena percorso. Il sentiero è scomparso sotto la neve e hanno dubbi sull’itinerario: gli spiego a gesti di andare tranquillamente, ci sono le mie peste nella neve e basta seguirle.
Riattraverso la diga e scendo rapidamente dapprima alla solitaria Alpe Giove (m 2155) e poi ancora giù, su sentieri sempre più ripidi ma ben segnalati, dapprima nei prati, poi in un bosco fittissimo di larici in cui si cammina, e si scivola, su uno spesso strato soffice di aghi.
Dopo un tempo che mi sembra lunghissimo anche se è meno di un’ora, e pensando alla fortuna di aver scelto di fare il giro in questo senso e di non aver dovuto risalire questo bosco infinito, sbuco sulla strada interpoderale per Chioso. La seguo verso destra per sbucare sui pascoli di Vova. Di prato in prato, guardato con curiosità dai proprietari delle baite ben tenute, davanti alle quali è sempre posteggiato un pick up giapponese, arrivo alla chiesetta bianca di Sant’Antonio (m 1448, dalla diga del Busin ore 1.30).
Attraversato il ponte carrozzabile sul torrente Vova, riprendo la strada percorsa ieri in salita con Livia.
La bella scalinata di pietra mi riporta in poco meno di un’ora a Rivasco (m 845, da Crampiolo ore 6.30).
Dislivelli:
Crampiolo (m 1767) – Bocchetta della Valle (m 2574) – Lago Busin Inferiore (m 2409) – Rivasco (m 845).
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